Insultare gli altri by Filippo Domaneschi

Insultare gli altri by Filippo Domaneschi

autore:Filippo Domaneschi [Domaneschi, Filippo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2020-07-22T12:00:00+00:00


Insultare, che emozione!

Pare quindi un po’ riduttivo separare con l’accetta gli insulti proposizionali da quelli non-proposizionali. Un’immagine che forse aiuta meglio a classificare i comportamenti insultanti è quella dello spettro: gli insulti si dispongono su un continuum con, a un estremo, quelli piú automatici ed emotivi e, all’altro, quelli piú ragionati, creativi e linguistici. Ma soffermiamoci ancora un attimo sul primo versante, quello degli insulti piú istintivi che si presentano come la versione culturalmente condizionata di una pulsione all’aggressività. Cosa significa dire che talvolta insultiamo spinti dalle emozioni? Credo che ciò si possa intendere in due modi: alcuni insulti sono sia la conseguenza, sia la risposta a un impulso emotivo.

Taluni insulti sono la conseguenza di un’emozione. Lo sono cosí tanto che il solo pensare a un vocabolo tabú, volgare o offensivo può causare cambiamenti psicofisiologici misurabili nel corpo umano10: aumento della tensione muscolare, incremento della pressione sanguigna, accelerazione del battito e del respiro. I pori si dilatano, aumenta la sudorazione e tutto ciò favorisce la risposta galvanica della pelle (Grs), cioè l’aumento di conduttanza elettrica dell’epidermide. È una reazione indotta anche da altri vocaboli emotivi oltre ad essere uno degli indicatori psicofisiologici della menzogna, ma l’intensificazione dell’attività elettrica sulla cute dovuta a intensa sudorazione caratterizza soprattutto l’esposizione a termini tabú11. E forse è proprio questo arousal, questa eccitazione “attentiva” che rende le espressioni volgari e offensive piú facili da memorizzare dei termini neutri. Li ricordiamo grossomodo per lo stesso motivo per cui memorizziamo la prima volta in cui un cane ha provato a morderci. Timothy Jay, per esempio, ha mostrato che su un elenco di 36 vocaboli tabú e neutri quelli ricordati con piú facilità erano soprattutto insulti: puttana, negro, troia, cazzo e zoccola12.

Michael T. Motley, psicologo presso la UC-Davis, ha notato che, nel commettere malapropismi13, tendiamo a produrre con minore frequenza termini osceni o volgari rispetto a vocaboli neutri. Ad esempio, nel voler dire «molto bene» è piú facile che si incappi in un errore del tipo «molto rene» piuttosto che in «molto pene». E in questo secondo caso, per giunta, si osserva persino un lieve ritardo nella pronuncia. Tutto ciò sembra suggerire che dietro a un’impulsiva espressione volgare o offensiva si celi un istante di consapevolezza e valutazione interna (internal-editing) dell’impatto offensivo della bomba che si sta per tirare.

La fuoriuscita di un insulto emotivo, quindi, dipende molto dal nostro controllo inibitorio, ossia, dalla capacità di controllare reazioni automatiche e produrre risposte mediate da attenzione e ragionamento. La capacità inibitoria di un individuo si misura con svariati test, uno di questi è ad esempio lo Stroop test. Il compito consiste nel dire ad alta voce il nome del colore con cui è scritta una parola quando essa si riferisce a un colore diverso da quello con cui è stampata (per esempio, se la parola giallo è scritta in rosso, occorre dire rosso). Tipicamente, i partecipanti impiegano piú tempo a pronunciare correttamente il nome del colore quando vi è incongruenza tra il colore menzionato e quello dell’inchiostro, rispetto a quando vi è congruenza (ad esempio, quando rosso è scritto in rosso).



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